Nel corso della storia, le arti si sono intrecciate spesso con la salute mentale.
Ad esempio gli antichi Egizi esortavano le persone con disturbi mentali ad interessarsi all’arte e i greci praticavano il teatro per liberare le emozioni.
Ma in questo articolo, la corrente artistica di cui voglio parlare è l’Espressionismo.
Il termine è stato coniato come possibilità all’Impressionismo, in quanto le differenze tra le due correnti sono notevoli e concrete.
Mentre l’impressionista era focalizzato sul gioco di luci ed ombre per restare fedele alla realtà (nonostante anch’esso avesse un grosso impatto a livello emotivo sia sull’artista che sullo spettatore) e fosse propenso alla ricerca del bello, l’espressionista spostava l’attenzione dal piacere estetico osservativo dell’opera per lasciare spazio, appunto, alla totale espressione del mondo interiore che in quel momento storico era indubbiamente drammatica.
Basta osservare la litografia “Manifesto della Pietà” del 1908 di Kokoschka per cogliere la caratteristica deformata dei volti, una vera e propria interpretazione rivoluzionaria della Pietà.
L’artista, attraverso tratti forti, decisi e con violenza cromatica rappresenta la vera sofferenza sia fisica che emotiva dei soggetti, trasmettendo allo spettatore, tutta la drammaticità del momento creando quasi angoscia.
Nel mio percorso di studi sulla storia dell’arte, restai profondamente colpita da questo movimento artistico (soprattutto da quest’opera) e solamente negli anni avvenire, quando mi avvicinai alle Artiterapie, ne compresi la motivazione.
La possibilità che offre questa pratica, attraverso uno stimolo o un input ben preciso che fornisce il conduttore, dà la possibilità di concretizzare sul foglio i contenuti intrapsichici, siano essi piacevoli o meno.
Questo permette di osservarli, di prenderne atto, ma anche di liberarsene di farli emergere per non doverli più portare dentro come idea o pensiero che affligge.
Tutto ciò dà la possibilità di condividere con il gruppo e con chi conduce l’attività, per alleviare il dolore o sentirsi meno soli per propendere verso una trasformazione del malessere in qualcosa di positivo e proattivo.
Barbara Orlando, Arteterapeuta, Direttrice Didattica Scuola Artedo Padova, Presidente Associazione RivelARTI